A CARTE SCOPERTE con Lucio Leone

Nel Regno del Musical, ogni incontro è un dono prezioso… ma ci sono incontri che diventano veri e propri privilegi.
Oggi, nelle stanze segrete di “A Carte Scoperte”, abbiamo avuto l’onore di sedere al tavolo con un autentico custode della storia del nostro amato regno: Lucio Leone

Critico, storico, narratore appassionato del nostro mondo, ma prima di tutto un caro amico del Regno che non dorme mai.
Con Lucio abbiamo sfogliato non solo le pagine della sua brillante carriera, ma anche quelle più intime, svelando le carte con cuore e verità. ♥️

Preparatevi, sudditi e viandanti, perché questa lettura è un viaggio tra spettacoli iconici, aneddoti da veri intenditori e sguardi sul futuro del musical come solo lui sa raccontare!

1. Lucio, come è nato il tuo interesse per il teatro musicale e cosa ti ha spinto a diventare uno storico del musical?

Avevo più o meno 12 o 13 anni e su Rai 2 c’era una rassegna in seconda serata di musical in bianco e nero. Papà adorava i western, mamma le commedie brillanti, i musical quindi non erano particolarmente gettonati a casa mia. Così, quella rassegna, alla fin fine, me la sono vista da solo. Una pace che non vi dico… E mi sono perdutamente innamorato di Fred Astaire e Ginger Rogers che danzavano e cantavano Cheek to cheek in Cappello a cilindro (già, fa strano oggi ma è esistito un tempo in cui non sapevo chi fosse Irving Berlin. Ah, beata e inconsapevole gioventù!).

2. Hai collaborato con diverse testate scrivendo di teatro, musica e arte. Come queste esperienze hanno influenzato la tua visione critica del panorama teatrale italiano?

In realtà, mi sa che è stata la mia visione critica del panorama teatrale italiano a influenzare le mie collaborazioni con le diverse testate eccetera.

3. Sei membro delle giurie di importanti riconoscimenti nazionali. Quali criteri ritieni fondamentali nella valutazione di un'opera o di una performance di teatro musicale originale?

Ahimè, ci abbiamo provato in passato a creare una sorta di Tony-Olivier-Oscar award all’italiana, ma il tentativo è presto naufragato, per cui mi limito a riferirmi ai concorsi per appassionati e amatori. E per questi, la cosa più importante è avere costantemente in mente che chi sale su un palco e si presenta in un concorso, sta dando ai giurati una enorme responsabilità. E quindi è importantissimo, almeno per me, avere la massima cura e rispetto per queste persone e i loro “sogni”, sogni che ci stanno “affidando”, cercando quindi sempre di proporre consigli che li incoraggino ma senza ingannarli. E, infine, ricordarsi di tenere per me stesso le parolacce che mi verrebbe di rivolgere, non tanto chi sale sul palco, ma in molti casi chi ha assegnato numeri o personaggi assolutamente non adatti all’incolpevole interprete.

4. Beh... è risaputo che il tuo musical preferito è “Wicked”. Cosa ne pensi della versione cinematografica?

Oh, che bella cosa quando le tue aspettative vengono disattese! Dopo l’incresciosa versione di Memory fatta da una pur meravigliosa cantante come Jennifer Hudson in Cats, avevo molta paura per la Elphaba di Cynthia Erivo, e temevo che Ariana Grande fosse troppo bella, troppo pop, troppo bambolina, troppo Barbie-vi-prego-brutti-bastardi-datemi-un-panino per essere una credibile Glinda. E poi, dividere in due la drammaturgia?! Che affronto!
Be’, avevo presentimenti sbagliati su tutta la linea. Erivo è stata incredibile, la Grande al di là di ogni aspettativa (“Goodness knows the wicked’s lives are lonely, Goodness knows the wicked die alone” interpretato così ti fa finalmente capire che Glinda in realtà sta parlando di se stessa) e Jon Chu è stato capace di prendere un materiale iconico e dargli non solo una nuova forma e identità, ma una… iconicità parallela, rispettosa dell’originale e altrettanto “forte”. La scena di Elphaba su cui dei giochi di luce di quella similscultura di vetri à la Calder rende la sua pelle non più verde mentre canta
The wizard and I è pura poesia. Senza dimenticare il cameo delle due “wise women”!… Gran film, davvero un gran film. Infine, fatemi dire che, avendolo visto in originale, posso felicemente evitare di fare commenti sulla qualità delle liriche tradotte, pur se affidate a ottime voci (perlomeno…).

(Ps: questa va letta pensando che mentre rispondevo avevo la stessa espressione di Maggie Smith in Downton Abbey quando si toglieva un sassolino dalla scarpa).

5. Oltre alla critica, hai esperienza come autore teatrale. Come concili il ruolo di critico con quello di creatore di contenuti teatrali?

Non lo concilio infatti, e quando hanno iniziato a essere messe in scena mie opere, ho smesso di fare il critico per evitare il conflitto di interessi. Ammetto però che certe volte è dura, soprattutto quando leggo delle recensioni che di recensione hanno solo l’etichetta ma non la necessaria qualità o competenza, e mi chiedo se non possa esistere una qualche forma per cui si potesse fare entrambe le cose, l’autore e il critico… mah. Ci penso. Vedremo. Vedremo? Vedremo.

6. Secondo te, quali sono le principali sfide che il teatro musicale italiano deve affrontare oggi per emergere sia a livello nazionale che internazionale?

Ahimè, è come voler paragonare un pub con un ristorante stellato. Non avremo mai le risorse economiche per allestimenti “mainstream” del livello dei grandi palchi internazionali di New York, Londra o di Paesi come la Germania, la Corea eccetera, e di conseguenza nemmeno le possibilità di vere “palestre di scrittura” come quelle che hanno permesso a una generazione di autori di subentrare ai Maestri. Poi, aggiungiamoci che la nostra meravigliosa lingua è inevitabilmente un insuperabile ostacolo per il palato degli appassionati stranieri. Lo abbiamo visto all’epoca di Expo a Milano: malgrado la proposta di titoli potenzialmente interessanti (persino in estate, fuori stagione teatrale), anche per chi veniva dall’estero a visitare l’esposizione, quegli spettacoli proposti in italiano sono stati bellamente ignorati. Nessuna speranza quindi? Non proprio… inutile per un pub competere con un ristorante stellato, ma puoi sempre essere il miglior pub che esista! Traduco: sono molti gli artisti italiani di grande talento che sono ambasciatori del nostro Paese in altre piazze e nazioni. E parlo di registi, direttori musicali, scenografi-costumisti, ovviamente attori-cantanti-ballerini… Sono certo che sono tanti i nomi che vi sono venuti in mente. Ecco, è questa la nostra possibile e potenziale rivincita. Facciamo vedere quando siamo bravi… quanto siamo bravi! Quanto! (Me lo dico da me: tanto).

7. Come docente di storia del musical presso diverse accademie, quali aspetti ritieni fondamentali nell'insegnamento di questa disciplina alle nuove generazioni?

La storia del musical secondo me non è fatta di date o di elenchi. Credo invece che sia utile per mostrare come l’arte, e nello specifico il Teatro, non è un mondo a parte. Cerco sempre di far capire, magari facendo ridere i miei studenti con aneddoti buffi, o facendoli commuovere con video di interpretazioni meravigliose, o facendoli pensare spiegando con esempi pratici che sul palco non si inventa nulla, che tutto fa parte di un flusso, non solo temporale, ma che abbraccia società, letteratura, storia, economia… E se riesco, come insegnante, a incuriosire i ragazzi e ad aiutarli a formarsi un metodo, uno strumento per “leggere” tra le righe il carattere di un personaggio, il motivo per cui pensa così, parla così, si muove così, deve cantare una partitura scritta così… ho assolto il mio compito. Il monologo di Miranda Priestley sul maglioncino ceruleo è esattamente quello che penso io della storia del musical. Tutto è collegato, ed è insopportabilmente uno spreco di tempo e talento se non sai leggere questi collegamenti.

8. Se dovessi scegliere un solo musical che, secondo te, ha rivoluzionato davvero la storia del genere, quale sarebbe e perché?

Ribalto la domanda: ma perché dovrei sceglierne uno solo? Citando Mae West, che in un film risponde a una medium che le ha appena previsto che nel suo futuro “ci sarà un uomo”, “Come, solo uno?”.

9. C'è un aneddoto poco conosciuto, ma secondo te fondamentale, nella storia del musical, che ogni appassionato dovrebbe conoscere?

Di nuovo, “Come solo uno?”. Meglio una piccola lista di nomi: Shirley MacLaine, Gigi Proietti, Sutton Foster… che hanno in comune? Erano tutti rimpiazzi. E sono diventate grandissime stelle. È quello che auguro sempre ai miei studenti.

10. Quale musical, mai portato in scena in Italia o poco rappresentato, vorresti vedere assolutamente prodotto e applaudito sui nostri palchi?

Ne cito qualcuno tra quelli che non hanno, ahimè, possibilità di tornare almeno a breve sui nostri palchi. Anche se in realtà sarebbero di più, sono allestimenti che vorrei rivedere, perché erano, pur nelle limitate possibilità del settore in Italia, di livello Stella Michelin: Frankenstein jr, American Idiot, Spamalot, Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato.

11. Ethel Merman, Bernadette Peters, Patti LuPone o Imelda Staunton: quale di queste “Rose” è la tua preferita?

Tutte hanno portato qualcosa al ruolo, chi più chi meno… Merman l’ha ispirato e originato, imprescindibile. LuPone ha dato a Rose la sua forza, Imelda è stata teatralmente insuperabile, poi aggiungerei Bette Midler e Tyne Daly che sono state le più jewish mama di tutte… Un gran peccato infine che quel vecchio progetto con Barbra Streisand in una versione cinematografica non sia mai partito.


Si noterà che ho glissato sulla Peters e non ho aggiunto commenti manco su Rosalind Russell? (di nuovo, c’ho la faccia di Maggie Smith).

12. Se potessi assistere alla "prima" di qualsiasi musical della storia, da Broadway al West End, quale sceglieresti e cosa ti aspetteresti da quell'esperienza?

Forse Wicked. No, Funny girl. Anzi no, Show Boat! Oklahoma! O magari Rent… Ma che è, “La scelta di Sophie”? Ce n’è un sacco! Troppi. Ma in fondo, se ti appassioni, e studi… è come se ci fossi stato.

13. DOMANDA DI RITO: Quando posi la penna e spegni il computer… chi rimane?

Più che “chi”, “cosa”: resta la mia curiosità, la voglia di vedere, informarmi, leggere, emozionarmi… sul palco, per il palco, e anche lontano dal palco. Non c’è differenza.

E così, mentre l’eco delle sue parole continua a risuonare tra le mura del nostro Regno, ringraziamo ancora il nostro caro amico Lucio Leone per aver svelato le sue carte con noi.

Le sue riflessioni diventano bussola per chi sogna il palcoscenico, per chi lo racconta, e per chi, come noi, lo abita ogni giorno con passione.
Che questa intervista sia moneta preziosa nelle tasche di ogni viaggiatore del Musical — da custodire e da spendere in sogni ancora da scrivere

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